
INFORMAUTISMO N° 3 - ANNO 2002, settembre-dicembre
EPIDEMIOLOGIA DEI DISTURBI PERVASIVI DELLO SVILUPPO(di Eric Fombonne)
Roma, 24 maggio 2002
Gli studi epidemiologici sull’autismo pubblicati ad oggi sono 32, mentre nel 1999 erano 23, il che mostra un crescente interesse scientifico in questo campo.
Gli studi sono stati condotti in 13 paesi per lo più su campioni di bambini in età scolare. I bambini autistici identificati da ogni studio sono in media 50, con una percentuale di ritardo mentale del 70%. Il rapporto maschi-femmine è mediamente di 4:1, più basso nella popolazione con ritardo mentale e più alto nei soggetti ad alto funzionamento. Le percentuali aumentano negli studi più recenti, con una correlazione altamente significativa fra l’anno di pubblicazione dell’indagine e la stima della prevalenza.
Se escludiamo gli studi non sufficientemente attendibili e ci concentriamo sulle indagini più recenti , basate su definizioni attuali di autismo, la stima globale prudenziale che ne emerge è di circa 10 casi /10.000 per il solo disturbo autistico.
Fin dai primi studi, che risalgono agli anni ’60, i ricercatori hanno identificato nel corso delle indagini un certo numero di bambini che non rispondono ai criteri per la diagnosi di autismo in senso stretto e non sono rigorosamente inquadrabili nella sua definizione. Questi bambini sono stati descritti nella letteratura precedente in molti modi diversi, che dovrebbero rientrare nella diagnosi corrente di Disturbo Pervasivo dello Sviluppo non altrimenti specificato (PDDNOS).
Percentuali relative del Disturbo Autistico e del Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato ( PDDNOS)
Se consideriamo il rapporto fra la percentuale di Autismo e PDDNOS, i bambini affetti da PDDNOS sono in media 1,5 volte più numerosi dei bambini con autismo. Questo significa che tutte le indagini hanno identificato un gruppo più vasto di bambini con forme atipiche di autismo che presentano necessità di intervento non inferiori ai bambini con autismo.
Disturbo Disintegrativo dell’Infanzia
E’ un disturbo molto raro che esordisce di solito dopo i 2 anni di età e più frequentemente dopo i 3 o 4 anni. I casi accertati pubblicati in letteratura sono solo 120. Tutte le indagini ne
riportano percentuali molto basse e una rassegna recente suggerisce che la percentuale media del disturbo sia di 1 o 2 / 100.000, molto meno frequente dell’autismo.
Indagini sulla Sindrome di Asperger.
Due studi svedesi su campioni esigui ne hanno indicato una prevalenza, ma con una precisione molto limitata. Sulla base di questi studi quindi non è possibile trarre conclusioni. Se consideriamo le indagini recenti incentrate contemporaneamente sull’autismo e sulla sindrome di Asperger possiamo vedere che in 6 studi il tasso di Sindrome di Asperger è 4 volte inferiore al tasso di autismo.
Sono necessari ulteriori studi sulla Sindrome di Asperger, ma poiché la sindrome è stata introdotta nella nosografia nei primi anni ’90 mancano indagini epidemiologiche accurate incentrate sulla sindrome di Asperger. Inoltre, persistono difficoltà e controversie su come tracciare una linea di demarcazione fra la Sindrome di Asperger e l’autismo ad alto funzionamento da una parte, e fra Sindrome di Asperger e PDDNOS o quadri funzionali più normali dall’altra.
Stime derivate dalla rassegna della letteratura
Se mettiamo insieme tutti i dati relativi alle rassegne sui 3 disturbi otteniamo una stima prudenziale di 27,5 / 10.000. Tuttavia, tre studi recenti condotti da gruppi indipendenti, 2 in Inghilterra a 1 negli Stati Uniti, hanno evidenziato percentuali molto più alte, intorno al 60-70/10.000. Le caratteristiche metodologiche comuni ai tre studi sono evidenti.
I tre studi si concentrano sui bambini piccoli, hanno utilizzato metodi estremamente attivi per identificare i casi, usano strumenti diagnostici molto validi e attendibili, e invece di andare a cercare l’autismo usavano fin dall’inizio strategie di ricerca dei casi finalizzate ad identificare lo spettro delle condizioni di tipo autistico piuttosto che l’autismo strettamente definito. Di conseguenza, l’identificazione dei casi era molto più sensibile, in particolare per l’estremità ad alto funzionamento dello spettro. Sebbene ci sia una corrispondenza nelle stime globali dei Disturbi pervasivi dello Sviluppo (PDDS), gli studi differiscono enormemente nelle percentuali dei sottotipi dell’autismo, dei PDDNOS e della sindrome di Asperger, evidenziando le difficoltà a tracciare in modo attendibile una linea di confine fra Autismo, sindrome di Asperger e PDDNOS, almeno nei soggetti in età precoce.
Il secondo riscontro è la tendenza a trovare percentuali di ritardo mentale più basse, che riflettono l’inserimento di forme più lievi di autismo, sebbene questa tendenza si possa anche vedere nell’autismo strettamente definito. Non è possibile verificare se questo dato rifletta la disponibilità di nuovi metodi intensivi di intervento precoce.
Le Condizioni Mediche associate nelle indagini sull’Autismo
Nelle indagini epidemiologiche le percentuali delle condizioni mediche che possono essere associate all’autismo a livello di popolazione sono basse, in media del 6-7%. Ci sono due disturbi strettamente associati all’autismo, la Sindrome dell’ X Fragile e la Sclerosi Tuberosa. Per esempio, la percentuale di Sclerosi Tuberosa nei casi di autismo è di 1,2%, che corrisponde ad una percentuale 100 volte superiore alla percentuale di ST nella popolazione generale. E’ degno di nota il riscontro che la maggior parte delle condizioni mediche associate all’autismo sia di origine genetica.
Altri dati derivati dalle indagini sull’autismo
Le indagini mostrano inoltre che negli studi condotti dopo gli anni 80 non c’è alcuna associazione con la classe sociale di appartenenza. Ci sono state segnalazioni di percentuali più alte negli immigrati, che tuttavia si basano su campioni esigui e non obiettivamente selezionati. Studi recenti condotti su campioni più ampi non confermano questa associazione.
Infine è difficile stabilire se la prevalenza dell’autismo varia nei diversi paesi, ma allo stato attuale non ci sono molte evidenze che questo accada.
I casi di Autismo sono in aumento?
La difficoltà di accertare tendenze in senso temporale è dovuta al fatto che per farlo correttamente dovremmo poter disporre di percentuali di incidenza in termini di casi di malattia nella popolazione misurati in funzione del passare del tempo. Invece la maggior parte degli studi sull’autismo sono studi di prevalenza che fotografano la popolazione a un dato momento nel tempo, che non hanno modo di valutare le dinamiche di penetrazione della malattia in una popolazione. Ci sono altri problemi metodologici che precludono di testare rigorosamente i cambiamenti di incidenza dell’autismo. Il problema più difficile sta nel fatto che nel tempo ci sono stati cambiamenti importanti nel concetto di autismo, nel modo in cui l’autismo è stato definito nelle classificazioni, nella varietà di strumenti diagnostici operativi e negli approcci all’individuazione dei casi.
Tendenze dell’autismo nel tempo
Comunque, per affrontare questo problema sono stato utilizzati cinque approcci.
Dati del CDER della California
Un approccio è basato sull’uso delle statistiche che si riferiscono a bambini inseriti in particolari programmi educativi, che per questo motivo vengono registrati in molti stati. Questi dati provenienti dalla California, ampiamente pubblicizzati, sono stati utilizzati per argomentare che la percentuale di Autismo era in aumento tanto da suggerire un’epidemia.
Tuttavia, un’analisi dettagliata di questo studio mostra errori metodologici importanti da capire. I dati sono basati su numeri assoluti, non su percentuali, e nello stesso periodo di tempo la popolazione della California è cresciuta a tal punto che gran parte di quest'aumento riflette l’aumento sottostante della popolazione.
In secondo luogo, l’età di diagnosi dei bambini tendeva a diminuire nel tempo, come nella maggior parte dei paesi, e quindi, presumendo che la prevalenza resti costante, questo porta ad un aumento del numero di bambini identificati nelle indagini e nelle statistiche condotte sui bambini inseriti nei programmi educativi.
Impatto dell'impostazione metodologica degli studi sulla prevalenza.
Fattori metodologici peculiari al singolo studio possano spiegare molte variazioni delle stime. Quattro indagini condotte contemporaneamente nello stesso periodo di tempo, nello stesso territorio e nello stesso gruppo di età hanno prodotto percentuali che differiscono di 6 volte. L’unica possibilità per spiegare questo fenomeno è di ipotizzare che le differenze nell’efficacia di reperimento dei casi da uno studio all’altro hanno portato a trovare percentuali molto diverse.
Lo stesso discorso è applicabile agli studi americani che mostrano variazioni di 13 volte nelle percentuali. Anche in questo caso le percentuali più basse si verificano quando per identificare i casi vengono usati metodi di ordinaria amministrazione, mentre gli studi con le percentuali più alte usano tecniche molto più attive di accertamento.
Percentuali di prevalenza per fasce di età in Francia
Un altro approccio per determinare la tendenza nel tempo è di cercare le percentuali nelle fasce di età successive. Ho avuto l’opportunità di condurre un’analisi di questo tipo a partire da diversi studi francesi che avevano esattamente la stessa progettazione metodologica. Le percentuali nelle fasce di nascita più recente non sono più alte di quelle trovate nelle fasce di nascita precedente, il che suggerisce che non ci siano epidemie particolari di autismo.
Conclusioni sulle tendenze nel tempo
Per concludere, la maggior parte degli studi non danno informazioni che permettono di valutare la tendenza nel tempo. Gli studi generalmente non hanno controllato le variazioni nella definizione e nella individuazione dei casi e di conseguenza non ha senso comparare le stime di prevalenza nel tempo. I tassi di prevalenza sono aumentati ma questa tendenza non può essere interpretata come evidenza di un aumento nel tempo dell’incidenza dell’autismo.
LA GENETICA NELL’AUTISMO
La genetica negli anni ’60
Nei primi anni ’60 non si pensava che fattori genetici potessero avere un ruolo nell’autismo. Questo derivava dall’osservazione che l’autismo non veniva trasmesso dai genitori, che il rischio di autismo nei fratelli era generalmente molto basso e che molto raramente venivano trovate anomalie cromosomiche. Tuttavia l’interpretazione di queste osservazioni era sbagliata.
In primo luogo, quando vennero condotti studi longitudinali che seguivano i bambini autistici fino all’età adulta divenne chiaro che gli adulti autistici non si riproducono, limitando di conseguenza l’opportunità di osservare la trasmissione diretta dell’autismo dai genitori. In secondo luogo, le percentuali nei fratelli, sebbene fossero basse in assoluto, erano di fatto 50 volte più alte che nella popolazione normale. In terzo luogo, le tecniche di laboratorio usate per identificare anomalie cromosomiche erano, a quel tempo, di scarsa qualità.
Nel primo studio sui gemelli condotto nei tardi anni ’70 e negli anni ’80 furono selezionati gemelli appartenenti a coppie dello stesso sesso e la concordanza per l’autismo fu trovata molto più alta (60-80%) nei gemelli identici rispetto allo 0% trovato nei gemelli fraterni.
In secondo luogo, quando i gemelli discordanti per l’autismo furono esaminati più attentamente, risultò che molti di loro presentavano anomalie di sviluppo del linguaggio e della comunicazione, dell’interazione sociale e del gioco che erano concettualmente simili alle caratteristiche che definiscono l’autismo, sebbene di intensità molto minore. Queste osservazioni hanno portato per la prima volta al concetto di fenotipo ampio dell’autismo. In altri termini, quello che sembrava trasmettersi nelle famiglie non era solo l’autismo strettamente inteso come grave disturbo dello sviluppo, ma un range di anomalie dello sviluppo di diversa gravità.
Tasso di Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (PDD) nei fratelli.
Inoltre, diversi studi indicavano che la percentuale di PDDS nei fratelli di casi accertati di autismo doveva essere stimato nella maggior parte degli studi intorno al 5%, che paragonato alla prevalenza stimata nella popolazione corrispondeva a una percentuale enormemente più alta.
Rischio di autismo nei fratelli.
Se consideriamo l’aumento del rischio di autismo in rapporto alla somiglianza genetica, il rischio è moltiplicato di 100 volte in quegli individui che condividono il 50% dei geni con un autistico accertato, e di 1000 volte quando il corredo genetico è simile. Questo si traduce in una stima di ereditarietà del 90% o più nella maggior parte degli studi. Quindi c’è una forte evidenza che l’autismo fosse un disturbo geneticamente determinato.
La nozione di fenotipo ampio è stata ulteriormente confermata da una serie di studi su famiglie in cui i familiari di autistici accertati venivano paragonati a gruppi di controllo, che spesso comprendevano bambini affetti da Sindrome di Down. I risultati di uno studio inglese molto attendibile mostravano un aumento nella percentuale di difficoltà della comunicazione, di problemi d'interazione sociale e di modalità insolite di gioco nei familiari di bambini autistici rispetto ai familiari dei bambini affetti da Sindrome di Down.
Punteggi alla Weschler nei genitori
Lo studio inglese mostra che il ritardo mentale non fa parte del fenotipo ampio dell’autismo, poiché i genitori dei bambini autistici hanno di fatto un punteggio più elevato rispetto al gruppo di controllo.
Livelli ematici totali di serotonina ( 5HT)
Sono stati identificati altri aspetti del fenotipo ampio. I bambini con autismo hanno livelli ematici di serotonina più elevati. Tuttavia, considerando i fratelli, le madri e i padri, risulta che i familiari di bambini con autismo hanno anch’essi livelli ematici di serotonina più elevati rispetto ai gruppi di controllo. Quindi, si potrebbe benissimo pensare che livelli aumentati di serotonina nelle piastrine rappresentino un marker della suscettibilità genetica all’autismo.
Modelli di trasmissione genetica dell’autismo
Una complessa analisi dei modelli di trasmissione genetica in un vasto campione di famiglie e gemelli del Regno Unito esclude la concezione corrente di semplice disturbo trasmesso secondo il modello di Mendel, mentre suggerisce che la predisposizione genetica all’autismo coinvolga più probabilmente un gruppo di geni, da 2 a 10, che interagiscono a determinare il disturbo.
Identificazione dei geni
Perché gli studi genetici sono così importanti per le famiglie?
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Una volta stabilita la forte componente genetica, si può fare ricorso a diverse strategie per identificare i geni nell’autismo. Una viene chiamata clonazione di posizione (positional cloning) e tenta di identificare i geni che sono situati nei pressi delle anomalie cromosomiche identificate in soggetti con autismo. Il secondo approccio consiste nel cercare anomalie nei geni che intervengono nella sintesi o nell’attività di proteine o molecole il cui coinvolgimento nell’autismo è noto (per esempio, la serotonina).
Il terzo approccio, il più usato nell’autismo, non si basa su presupposti riguardo a dove potrebbero essere situati i geni ed a quale meccanismo genetico potrebbe essere implicato. Questo approccio consiste nel mettere insieme i geni delle coppie di soggetti che soffrono di autismo in una stessa famiglia cercando di identificare nel loro genoma aree condivise oltre e al di là di quanto si potrebbe dedurre dalla coincidenza genetica.
Anomalie cromosomiche nell’Autismo
Anomalie cromosomiche sono state riferite virtualmente per tutti i cromosomi. Il cromosoma 15 comunque è più frequentemente implicato nelle sindromi associate all’autismo. E’ il caso delle sindromi di Prader – Willi e di Angelman, che sono associate a un difetto sul braccio lungo del cromosoma 15. Non sorprende che i ricercatori abbiano cercato i geni in queste regioni del cromosoma 15, ma fino ad ora i risultati di queste ricerche non hanno dato esiti significativi.
Il gene trasportatore della Serotonina
Il secondo approccio, basato sul gene candidato, è stato particolarmente utilizzato nei confronti dei geni della serotonina. Diversi studi hanno cercato il gene trasportatore ma hanno portato a risultati inconsistenti. Studi più recenti si sono concentrati su nuove varianti in quei geni che potrebbero essere importanti.
Esame del genoma per i loci predisponenti all’autismo
Otto diversi gruppi internazionali hanno lavorato sullo screening del genoma Il nostro consorzio ha iniziato questo esame già dal 1994, e sia noi che altri abbiamo trovato diversi cromosomi che potrebbero verosimilmente ospitare i geni della suscettibilità all’autismo. In particolare, sono state trovate importanti indicazioni sui cromosomi 2, 7, 16 e 17.
Linkage o Associazione
La ricerca attualmente sta andando avanti, e occorreranno certamente mesi o anni prima che si comprendano i complessi meccanismi genetici implicati. Siamo a livello dei primi due passi di una lunga catena di passi indispensabili prima di poter davvero capire come la malattia o il disturbo si sviluppi. La strada che abbiamo davanti a noi è tuttavia lunga e lastricata di molti ostacoli.
NOTA: Questo articolo e' disponibile anche in formato PDF

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