
INFORMAUTISMO N° 12 - ANNO 2005, settembre-dicembre
L’AUTISMO NELLA PRIMA INFANZIAda: Annu. Rev. Psychol. 2005. 56:12.1–12.22 (traduzione e adattamento di Donata Vivanti)
(di Fred Volkmar, Kasia Chawarska e Ami Klin,
Child Study Center, Yale University School of Medicine)
Nota: di seguito e' riportata la prima pagina dell'articolo, il testo completo e' disponibile in formato PDF nel link a fondo pagina.
L’AUTISMO NEL PRIMO ANNO DI VITA
Età e modalità d’insorgenza
Secondo i resoconti dei genitori, le età in cui si accorgono che qualcosa non va nello sviluppo del bambino sono diverse, ma circa il 90% ha cominciato a notare delle anomalie entro i 24 mesi (De Giacomo & Fombonne 1998). Le preoccupazioni più comuni riguardano il ritardo di linguaggio o l’udito, oppure il comportamento del bambino, che è “troppo buono” o molto irritabile (Stone & Lemanek 1990).
Resta purtroppo poco chiara la specificità di questi problemi
rispetto all’autismo. La maggior parte degli studi attendibili si basa
sui resoconti dei genitori. Mancano dati prospettici, benchè l’interpretazione
di tali dati sia complicata, data la velocità dei cambiamenti e la diversità del
significato della presenza (o assenza) di un certo comportamento in un momento
specifico (Lord & Risi 2000). Per esempio, l’uso di gesti pre-intenzionali,
come movimenti di raggiungere-e-afferrare inseguendo un oggetto, compare prima
dei 9 mesi d'età, ma di solito si sincronizza ben presto con il contatto
oculare e indica l’emergere della comunicazione intenzionale (Bates et
al. 1979). L’assenza di gesti convenzionali come annuire con la testa
o indicare a dito sarebbe preoccupante dopo, ma non prima, dell’anno di
età di sviluppo.
A complicare il compito, i sintomi precoci cambiano nel tempo (Kanner 1968, Lord 1995). Infine, gli effetti della situazione, della novità, delle richieste, e modelli insoliti di responsività all’ambiente possono condizionare una considerevole variabilità nelle modalità con cui il bambino si presenta, specialmente nei primi anni di vita (Natl. Res. Counc. 2001).
Un altro potenziale problema riguarda i resoconti del fenomeno della regressione. Diversi studi (Kobayashi & Murata 1998, Rogers & DiLalla 1990, Tuchman & Rapin 1997, Volkmar et al. 1985) hanno documentato resoconti di regressione da parte dei genitori nel 20-40% dei casi. Purtroppo vengono usati termini diversi, in parte sovrapponibili, come autismo regressivo, autismo ritardato e stagnazione dello sviluppo. Tutti questi termini comunque indicano effettivamente alcuni aspetti sottostanti al fenomeno, cioè che in alcuni bambini ci può essere una perdita graduale o più rapida di linguaggio e/o di capacità sociali (Kobayashi & Murata 1998, Rogers & DiLalla 1990, Tuchman & Rapin 1997). In altri casi, il problema sembra essere non tanto la perdita di capacità acquisite, quanto la mancanza di ulteriori progressi, sembra cioè che il bambino acquisisca la capacità di dire una o due parole, ma che poi il linguaggio non progredisca oltre (Sipersein & Volkmar 2004). Infine, in alcuni rari casi, il bambino progredisce normalmente nell’acquisizione di capacità cognitive, di autonomia personale e di linguaggio per alcuni anni (di solito tre o quattro), per perdere poi gradualmente o bruscamente le abilità acquisite e cominciare a mostrare le caratteristiche più classiche dell’autismo. In quesi casi viene usato il termine disturbo disintegrativo della fanciullezza, e dati attendibili suggeriscono un esito peggiore dell’autismo tipico (Volkmar & Rutter, 1995).
Resta oggetto di controversia se esista una relazione tra questi diversi sottotipi di autismo e la loro validità come fenomeni clinici. Per esempio, Osterling et al. (2002) hanno trovato differenze minime fra l’autismo regressivo e l’autismo non regressivo, mentre Rogers & DiLalla (1990) hanno riscontrato esiti più sfavorevoli nel gruppo con regressione. Quest’ultimo può anche accompagnarsi più facilmente a dismorfie (Lainhart et al. 2002). Quindi, coerentemente con le impressioni originali di Kanner (1943), l’autismo sembra essere davvero un disturbo a insorgenza molto precoce, ma esiste un piccolo numero di casi in cui viene riportata una regressione. E’ possibile che questi casi rappresentino un sottotipo specifico o un gruppo diagnostico potenzialmente diverso, ma il problema rimane ad oggi irrisolto.
Quadro Clinico nel Primo Anno di Vita
La descrizione originale di Kanner (1943) sottolineava la singolarità dello sviluppo sociale. Successivamente la ricerca ha raffinato in vari modi la sua impressione iniziale, specificando che i bambini con autismo nel primo anno di vita possono avere contatti oculari limitati e diminuita responsività sociale globale (Maestro et al. 2002, Sparling 1991). E’ anche probabile che presentino un’imitazione vocale o motoria meno interattiva, problemi nel livello di stimolazione e risposte sensoriali anomale (Dawson et al. 2000). La mancanza di dati normativi o comparativi rende difficile interpretare questi riscontri, sebbene esista uno studio su bambini in età prescolare (Klin et al. 1992) che ha rilevato l’assenza di comportamenti sociali attesi normalmente entro l’anno di età. Per esempio, i bambini con autismo non assumevano posture anticipatorie, non si protendevano verso figure familiari, non mostravano interesse per i coetanei e non giocavano a semplici giochi d’interazione sociale.
Oltre ai resoconti dei genitori, l’analisi retrospettiva di filmati casalinghi o di videoregistrazioni rappresenta una ulteriore potenziale risorsa per la ricerca. Ricerche basate su questo tipo di analisi hanno generalmente confermato l’insorgenza precoce di differenze di sviluppo nei bambini con autismo fin dal primo anno di vita (Adrien et al. 1992, Maestro et al. 1999, Osterling & Dawson 1994, Osterling et al. 2002). Per esempio, Maestro et al. (2002) hanno esaminato delle videoregistrazioni di bambini nel primo anno di vita, poi diagnosticati come affetti da autismo, paragonandole con coetanei con sviluppo tipico selezionati in base all’età: i bambini diagnosticati in seguito come autistici mostravano virtualmente una minore attenzione agli stimoli sociali, sorridevano più raramente, vocalizzavano meno e si dedicavano per meno tempo all’esplorazione di oggetti. Tuttavia nel primo anno di vita i bambini non mostravano differenze in termini di ripetitività di comportamento,
In uno studio su bambini di età compresa fra 8 e 10 mesi, Werner et al.(2000) hanno riportato che quelli nei quali è stato diagnosticato in seguito l’autismo tendevano a rispondere meno al loro nome, similmente al risultato ottenuto da Osterling & Dawson (1994) nel loro studio su bambini di 12 mesi. L’uso di un gruppo di controllo costituito da bambini con sviluppo tipico limita in qualche modo questi riscontri, perché le differenze osservate potrebbero riflettere un generico ritardo di sviluppo piuttosto che gli effetti dell’autismo in sé.
Un approccio più rigoroso comporta l’uso di gruppi di controllo con ritardo di sviluppo Osterling et al. (2002), paragonando una serie di comportamenti in bambini con autismo di 12 mesi con quelli di coetanei con ritardo mentale semplice, hanno trovato differenze significative nel voltarsi al suono del proprio nome, nell’uso dei gesti, nel guardare oggetti tenuti in mano da altri, e nell’eseguire azioni ripetitive. Sebbene questi dati presentino dei limiti sotto diversi aspetti, i segni precoci di autismo sembrano comprendere - come già enunciato da Kanner - una mancanza di interesse sociale nel primo mese di vita, con riduzione del livello di interazione sociale e degli scambi comunicativi-sociali; le differenze in aree diverse dall’area sociale sono molto meno evidenti.
Da 6 a 12 mesi di età diventano più marcate le differenze nell’area della comunicazione, compresa una generale compromissione nell’orientarsi verso le verbalizzazioni in generale e in particolare verso il suono del proprio nome. I bambini con autismo nel primo anno di vita sono meno interessati alle persone in un periodo in cui la maggior parte dei bambini comincia ad integrare completamente l’esplorazione degli oggetti con l’interazione sociale, e diventa più chiaramente intenzionale (Bates et al. 1979).
D’altra parte, alcuni dei comportamenti spesso riferiti dai genitori, come le difficoltà nella regolazione delle stimolazioni, nell’analisi delle videoregistrazioni non sono comparsi così chiaramente come aree di differenza. Questi problemi potrebbero essere meno specifici dell’autismo; oppure la mancanza di un riscontro di differenze in queste aree potebbe aver a che fare piuttosto con la natura del materiale videoregistrato disponibile.
L’AUTISMO DA 1 A 3 ANNI DI ETA’
(segue....)
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