
INFORMAUTISMO N° 11 - ANNO 2005, maggio-agosto
Tratto da 'Mapping the social mind'1995-2005 Yale Daily News Publishing Comp. (traduzione e adattamento di Donata Vivanti)
(di Peter Farley, Yale Medecine)
Nota: di seguito e' riportata la prima pagina dell'articolo, il testo completo e' disponibile in formato PDF nel link a fondo pagina.
Dalla ricerca al trattamento:
DISEGNARE LA MAPPA DELLA MENTE SOCIALE
Gli esseri umani condividono legami così stretti con la famiglia,
gli amici e la comunità che possono immaginare a stento che cosa potrebbe
significare essere una tigre, un ragno, o qualunque altra delle miriadi
di creature della terra che vivono in solitudine. Molti
mammiferi, una volta
diventati adulti, lasciano la tana per sempre, e, ad eccezione di qualche
sporadico incontro con le femmine, vivono tutta la vita in solitudine. Nel
ciclo di vita, per noi spaventosamente alieno, di alcune specie, i nuovi
nati vengono abbandonati a se stessi alla nascita, e una volta usciti dalla
protezione dell'uovo, affrontano il mondo in solitudine. Le relazioni sono
così profondamente
radicate nella nostra natura che fin dagli albori della psicologia infantile
i ricercatori hanno indagato l'immenso, potente attaccamento innato fra il
bambino e i genitori, il primo legame sociale che si stabilisce nella vita
umana.
Arnold L. Gesell, il prolifico scienziato e docente che fondò il Child
Study Center di Yale, fin dai primi anni venti usava il mezzo cinematografico,
allora relativamente nuovo, per analizzare il comportameneto dei lattanti:,
e grazie a questo strumento notò che anche il neonato volta il capo verso
il suono della voce della madre, e, quando viene sollevato dalla culla, adatta
naturalmente il corpicino alle sue braccia.
Come dice Fred R. Volkmar, professore di neuropsichiatria
infantile, psicologia e pediatria al Child Study Center, "Gesell constatò che
per il bambino il viso e la voce dei genitori sono le cose più importanti
del mondo".
Ma in un ormai classico articolo del 1943, lo psichiatra Leo Kanner
descrisse un gruppo di bambini che costituivano una sconcertante eccezione
a questa regola. Questi bambini, che Kanner definì "autistici", avevano spiccate
difficoltà di linguaggio, presentavano comportamenti bizzarri e ripetitivi,
ma la loro carratteristica più saliente era un' inspiegabiole
inclinazione all'isolamento. I pazienti autistici di Kanner mostravano una profonda
indifferenza verso i genitori e, crescendo, verso le persone in generale. Al
contrario, sembravano inesorabilmente attratti dagli oggetti.
" Tutti questi bambini, appena entrati nello studio, si dirigevano
immediatamente verso i cubi, i giocattoli o altri oggetti, senza prestare
la minima attenzione alle persone presenti" scriveva Kanner. " Sarebbe
inesatto dire che non erano consapevoli della loro presenza. Piuttosto
le persone, avevano per loro lastessa rilevanza della scrivania, della libreria
o dello schedario".
A
sessant'anni di distanza, l'autismo resta uno dei disturbi psichici
più misteriosi e incurabili. I trattamenti psicologici si basano per lo più sulla comunicazione, e l'insistente chiusura alla base della condizione ha ostacolato il lavoro di generazioni di ricercatori e terapisti.
Fred Volkmar non è solo un esperto di diagnosi e classificazioni, ma anche
una specie di impresario scientifico, che nel corso degli ultimi anni ha messo
insieme una squadra di ricercatori con competenze estremamente diversificate,
senza paragoni al mondo in termini di produttività, il cui impegno è stato
premiato nel 2002 dal National Institute of Health (Istituto Nazionale
per la Salute, USA) con un finanziamento di 5 milioni di dollari nell'ambito
dell'iniziativa STAART (Studies to Advance Autism Research and Treatment, Studi
per Progredire nella Ricerca e nel Trattamento dell'Autismo).
(segue...)
NOTA: Questo articolo e' disponibile anche in formato PDF

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