
INFORMAUTISMO N° 8 - ANNO 2004, maggio-agosto
La valutazione multi-dimensionale dei soggettti con autismo(di Giacomo Vivanti)
Il complesso processo di valutazione necessario a definire il profilo di sviluppo del tutto unico di ogni soggetto con autismo costituisce un indispensabile ponte che conduce dall’inquadramento diagnostico categoriale all’intervento individualizzato. I modelli di intervento che hanno preteso di saltare questo passaggio, proponendo una “ricetta” uguale per tutti soggetti con diagnosi di autismo, si sono invariabilmente dimostrati inefficaci: è necessario costruire l’intervento intorno al bambino, e non intorno alla sua diagnosi.
Non è possibile quindi predisporre un intervento senza basarsi sul profilo emerso da una valutazione che copra le aree chiave di funzionamento del soggetto; d’altro canto il processo di valutazione risulta di per sé poco utile se ad esso non fa seguito un intervento adeguato.
La continuità tra processi diagnostici, valutativi, programmazioni e verifiche è un perno cardine del percorso clinico. Obiettivo del processo di valutazione è quello di fornire un profilo individuale dello sviluppo del soggetto, che definisca con precisione i punti di forza e i punti deboli nelle diverse aree (Klin e coll., 1997; Siegel , 2003 ). Tale processo si pone quindi come proseguimento del processo di conoscenza del soggetto iniziato in fase di valutazione diagnostica, e si conclude nel momento in cui le informazioni emerse ci mettano in grado di predisporre un intervento individualizzato.
Che cosa valutare
ASPETTI COGNITIVI E SENSOMOTORI: LA VALUTAZIONE PSICOLOGICA
L’obiettivo-chiave della valutazione psicologica è passare da un’idea globale a una conoscenza dettagliata del soggetto in molti diversi ambiti. Quando si prende in esame il profilo di sviluppo emerso da un test di valutazione somministrato a un soggetto con autismo, è di fondamentale importanza considerare attentamente la variabilità dei subtest all’interno delle scale globali.
Le persone con autismo presentano molto tipicamente un profilo di sviluppo disarmonico (National Research Council, 2001; Cohen , Volkmar, 1997 ). Abilità che risultano altamente correlate in soggetti con sviluppo tipico (come quelle richieste per risolvere le prove delle scale di Weschsler) non sono correlate nei soggetti con autismo. Le aree chiave dello sviluppo sensomotorio e cognitivo che devono essere oggetto di indagine durante la valutazione psicologica sono: il livello intellettivo generale (Q.I.), lo sviluppo sensoriale e sensomotorio, la memoria, l’attenzione, la percezione, lo stile cognitivo, le funzioni esecutive, l’abilità di categorizzazione, la cognizione sociale, le abilità rappresentazionali e metarappresentazionali. Tali aree costituiscono altrettante dimensioni lungo le quali variano i diversi soggetti con autismo, pur in un quadro generale di pattern abbastanza tipici di funzionamento.
Lo scopo di questo processo conoscitivo multidimensionale è quello di giungere a un quadro preciso del profilo del soggetto in cui emergano con chiarezza i punti deboli e i punti di forza (Klin e coll., 1997). Avere a disposizione un quadro di questo genere, definito da Siegel (2003) “la matrice di abilità e disabilità” di ogni diverso soggetto ci dà la possibilità di avere un solido punto di partenza per programmare un intervento individualizzato efficace.
LA VALUTAZIONE DELLA COMUNICAZIONE
La valutazione della comunicazione è componente fondamentale del processo di valutazione dal quale deve emergere il profilo di punti di forza e punti deboli unico per ogni soggetto che sarà base per un programma di intervento individualizzato. Quando si valuta l’abilità comunicativa dei soggetti con autismo bisogna identificare quali aspetti della comunicazione sono più compromessi e quali meno, quali aspetti si pongono come deficit e quali come risorse su cui lavorare. In questa fase deve quindi avere luogo un’indagine raffinata delle diverse componenti del disturbo comunicativo del bambino, e a questo scopo occorre organizzare e predisporre una serie di prove formali e informali, strutturate e non strutturate, che consentano di condurre una valutazione dotata di validità ecologica.
A tale scopo è necessario combinare informazioni ottenute tramite osservazioni dirette da parte dell’esaminatore in situazioni diverse con informazioni ottenute dai genitori e da chi si occupa del soggetto nella sua quotidianità, utilizzando checklist e interviste. La valutazione della comunicazione dei bambini con autismo non verbali deve indagare il funzionamento dell’individuo nelle seguenti aree (Marans , 1997; Watson , Lord , Schaffer e coll., 1989 ):
- Il livello di consapevolezza e comprensione dei segnali comunicativi messi in atto da un interlocutore attraverso diversi canali.
- Il livello di intenzionalità e motivazione alla comunicazione spontanea del soggetto; la consapevolezza che i segnali comunicativi da lui messi in atto hanno il potere di modificare l’ambiente intorno a lui.
- Le forme di comunicazione messe in atto: comportamentale, motoria, gestuale, vocale non verbale, attraverso segni, attraverso l’uso di oggetti, fotografie, disegni, parole scritte e varie combinazioni
- Le funzioni della comunicazione messe in atto dal soggetto: se è in grado di comunicare per ottenere attenzione, richiedere, rifiutare o opporsi, commentare, cercare informazioni, esprimere sentimenti, o mettere in atto routines sociali.
- I contesti in cui determinate forme di comunicazione vengono messe in atto per servire determinate funzioni
- La qualità delle espressione comunicative: adeguatezza sociale, flessibilità, persistenza, efficacia.
- La reciprocità sociale nell’uso della comunicazione
L’assessment della comunicazione in bambini verbali deve indagare inoltre:
- Ampiezza del vocabolario
- Aspetti semantici (comprensione dei significati)
- Sintassi e morfologia nel linguaggio
- Aspetti pragmatici (conoscenza dell’uso della comunicazione)
- Articolazione e prosodia, modulazione del tono e volume della voce durante gli scambi verbali.
- Abilità nel condurre adeguatamente una conversazione: capacità di iniziarla spontaneamente, di mantenere la distanza giusta dall’interlocutore, di variare gli argomenti, di tenere in considerazione le informazioni ottenute dall’interlocutore, di rispettare i turni, di leggere i segnali verbali e non verbali messi in atto dall’interlocutore.
- Abilità di comprendere espressioni linguistiche non letterali come ironia, sarcasmo, frasi idiomatiche, espressioni umoristiche, richieste indirette, ambiguità, forme di cortesia.
- Capacità di cambiare registro a seconda della persona e del contesto.
- Capacità di utilizzare la comunicazione in modo adattivo nella gestione della propria vita quotidiana.
LA VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO ADATTIVO
Il comportamento adattivo è correlato all’età cronologica ed è definito da aspettative o standard socialmente definiti. Esso fa riferimento non a competenze astratte (quello che il bambino è in grado di fare), ma alle prestazioni effettive (quello che il bambino effettivamente fa). Ci sono diversi aspetti che rendono la valutazione del comportamento adattivo un momento chiave della storia naturale dell’intervento sull’autismo.
L’autismo si può accompagnare a livelli di intelligenza anche superiori alla media e sappiamo anche che alcuni bambini con autismo sono dotati di abilità eccezionali: ciononostante il divario tra le prestazioni che questi bambini hanno in una situazione di testing strutturata e la capacità di gestire in modo indipendente la propria persona nella vita quotidiana è talvolta sbalorditiva (Sparrow e coll., 1997 ).
E’ molto importante ottenere una chiara visione sia di quelle che sono le potenzialità del bambino, suggerite dalle prestazioni ai test cognitivi strutturati, sia di quello che il soggetto sa effettivamente fare, cioè il modo in cui è in grado di utilizzare attualmente le proprie potenzialità nei compiti della quotidianità. E’ quest’ultimo aspetto ad essere al centro dell’indagine del comportamento adattivo: essa ci deve dare un quadro del funzionamento effettivo del soggetto nelle situazioni di vita reale nel contesto famigliare e negli altri contesti significativi della vita del soggetto.
La valutazione del comportamento adattivo ci permette quindi di capire il modo in cui il bambino è in grado di rispondere alle richieste dell’ambiente, e quanto questo livello è correlato con le abilità cognitive possedute. Inoltre, forse più che in ogni altro assessment, la valutazione del comportamento adattivo ci permette di avere una solida base per programmare obiettivi e strategie di intervento che siano effettivamente orientate all’innalzamento della qualità della vita dei soggetti con autismo e delle loro famiglie.
Come valutare
E’ necessario enfatizzare l’importanza di riferirsi ad una metodologia di assessment obiettiva e rigorosa e all’utilizzo di strumenti validi e attendibili. Il processo di valutazione non deve limitarsi ad una sterile raccolta di informazioni isolate, ma dare luogo ad un quadro del funzionamento globale del soggetto in cui siano messi in rilievo i punti di forza e i punti deboli che caratterizzano ogni diverso soggetto.
Per raggiungere tale obiettivo il processo di valutazione deve rispondere ad alcuni requisiti fondamentali (Klin e coll., 1997; Sparrow e coll., 1995):
- E’ necessario un approccio omnicomprensivo e olistico: devono essere indagate le diverse aree di funzionamento e le interrelazioni tra le diverse aree. Per condurre tale indagine è necessario avvalersi di strumenti di valutazione validi e attendibili.
- E’ necessario fare riferimento a una prospettiva evolutiva: dato che l’autismo può essere associato a diversi livelli di età mentale, le prestazioni dei soggetti durante l’assessment devono essere considerate alla luce del confronto con le prestazioni che ci aspetteremmo da soggetti della stessa età di sviluppo; è necessario inoltre inquadrare le differenze in termini di ritardo o di devianza. Il riferimento alle tappe dello sviluppo tipico rappresenta la cornice in cui inquadrare le anomalie qualitative e quantitative dello sviluppo dei soggetti con autismo.
- E’ necessario tenere in considerazione il fatto che i soggetti con autismo presentano tipicamente un profilo di sviluppo disarmonico. Le loro prestazioni possono essere molto diverse nelle diverse aree di funzionamento. In molti ambiti di indagine esse sono inferiori a quelle che ci aspetteremmo da un soggetto della stessa età di sviluppo; ma allo stesso tempo in altri sono uguali e in alcuni casi superiori. Data la presenza di tali disarmonie, è fondamentale non generalizzare le competenze del soggetto a partire da singole prestazioni in una determinata area. Di estrema importanza è anche l’integrazione delle informazioni ottenute in fase di testing con quelle ottenute dai famigliari e dalle persone che passano più tempo con il soggetto.
- E’ necessario considerare la funzionalità del processo di valutazione: da essa deve emergere un profilo del soggetto che delinei con precisione le sue risorse e i suoi punti deboli, e il modo in cui essi si riflettono nei diversi contesti della sua quotidianità.
- E’ necessario tenere in considerazione le caratteristiche delle persone con autismo in fase di predisposizione e di somministrazione dei test di valutazione: esse pongono una considerevole sfida alle normali procedure di assessment. La maggior parte dei test standardizzati prevedono consegne verbali che risultano incomprensibili per la maggioranza dei soggetti con autismo.
Altri aspetti problematici sono le scarse abilità nell’imitazione, l’alto livello di distraibilità, la scarsa tolleranza alla lunga durata delle sessioni e alle transizioni da un compito all’altro. E’ fondamentale quindi tenere in considerazione questi fattori nella scelta degli strumenti di assessment e predisporre le sessioni di valutazione in modo tale da aggirare il più possibile questi ostacoli.
- E’ importante valutare le abilità del soggetto in diversi settings: le prestazioni del soggetto possono essere estremamente molto diverse a seconda che si trovi in un setting ben strutturato, in cui il clinico dirige l’interazione in modo chiaro e prevedibile, o in una situazione di attività libera e non strutturata. Il principio della variabilità del setting (Klin e coll., in corso di stampa ) ci consente di valutare l’impatto che i deficit di base dell’autismo hanno nei diversi contesti, e di comprendere sia le potenzialità del soggetto (osservabili quando predisponiamo un setting che permetta al soggetto di avere la sua migliore performance) sia di comprendere i punti deboli che possono non emergere nelle situazioni artificiose e strutturate tipiche dei test.
- Se il clinico può essere un grande esperto dell’autismo in generale, i più grandi esperti del singolo soggetto sono i suoi genitori. Essi hanno un ruolo di primo piano nell’assessment, come preziosa fonte di informazione su tutti i comportamenti che possono non essere osservati nel soggetto durante le valutazione e sulla storia evolutiva del soggetto e della sua patologia. Soprattutto nel caso di bambini piccoli, inoltre, la loro presenza nelle stanze dove si somministra il test può favorire la disposizione del bambino a collaborare con il clinico. Inoltre, il poter partire dalla base comune dell’osservazione condivisa dei test di valutazione favorisce la creazione di un punto di vista il più possibile comune che sarà di grande importanza nelle successive fasi di programmazione e implementazione del programma di intervento.
Numerosi strumenti indagano in modo diverso le aree che abbiamo preso in considerazione, e non esiste un unico strumento in grado di coprirle tutte. Per questo motivo nella pratica clinica è vantaggioso combinare l’utilizzo di diverse scale.
La scelta dei diversi strumenti dipende in larga misura dalle caratteristiche del soggetto esaminato: in particolare bisogna tenere conto dell’età cronologica, delle sue capacità verbali-comunicative, delle sue capacità di rispondere a consegne complesse, di interagire socialmente e di sopportare i momenti di transizione da un’attività all’altra.
STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE PSICOLOGICA FUNZIONALE
ADI-R e ADOS
AUTISM DIAGNOSTIC INTERVIEW-REVISED
DATA DI PUBBLICAZIONE: 1994 (USA)
DESTINATARI: Bambini, adolescenti, adulti
AUTISM DIAGNOSTIC OBSERVATION SCHEDULE
DATA DI PUBBLICAZIONE: 1996 (USA)
DESTINATARI: Bambini, adolescenti, adulti
I test ADI-R e ADOS sono stati concepiti e costruiti come strumenti per la valutazione diagnostica, tuttavia l’utilità di questi due strumenti non si limita alla fase dell’inquadramento diagnostico categoriale; essi, combinando le informazioni dell’intervista ai genitori con quelle dell’osservazione diretta, permettono di delineare sia un quadro del comportamento del soggetto sia la storia evolutiva del soggetto e della sua patologia. L’ampio ventaglio di aree di funzionamento indagate rendono questi due strumenti preziosissimi in tutte le diverse fasi della valutazione dimensionale.
L’Autism diagnostic interview-revised (ADI-R) è un’intervista semi-strutturata elaborata nel 1994 da Catherine Lord , Michael Rutter , e Anne LeCouteur . L’intervista, somministrata al caregiver del bambino, è basata sui criteri diagnostici stabiliti dal DSM IV e dall’ICD 10, e si focalizza quindi su anomalie e ritardi di sviluppo nelle aree dell’interazione e della reciprocità sociale, del linguaggio e della comunicazione, e del gioco e dell’immaginazione (con particolare attenzione ai comportamenti ripetitivi e stereotipati e all’ampiezza del repertorio di interessi del soggetto). Oltre ai comportamenti appartenenti a questi ambiti di sviluppo, l’intervista va a coprire una serie di altre manifestazioni sintomatologiche che sono state osservate in soggetti colpiti da autismo, e raccoglie ulteriori informazioni relative al raggiungimento da parte del bambino di alcune fondamentali tappe di sviluppo dei primi anni di vita. E’ applicabile per tutti i soggetti a partire da un’età di sviluppo mentale di 18 mesi.
L’ADI-R viene considerato attualmente una fonte di informazione affidabile e preziosissima nel processo di valutazione diagnostica, ed è uno degli strumenti di riferimento sia in ambito clinico che in ambito di ricerca nei più importanti centri che si occupano dei disturbi dello spettro autistico. Le informazioni raccolte durante il test arricchiscono in modo prezioso quelle che verranno raccolte nelle successive fasi di valutazione contribuendo in modo decisivo a stabilire le basi per la pianificazione di un intervento efficace.
L’Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) (Lord , Rutter e coll., 1996 ) è un protocollo di osservazione semi-strutturato, standardizzato per la valutazione della comunicazione, della reciprocità sociale, e del gioco simbolico in soggetti in cui sussista il sospetto di autismo. L’ADOS consiste in una serie prestabilita di attività durante le quali il somministratore ha la possibilità di rilevare i comportamenti ritenuti cruciali per una diagnosi di autismo. Lo strumento si propone di discriminare efficacemente la sintomatologia tipica dei disturbi dello spettro autistico indipendentemente dall’età cronologica e dall’età di sviluppo mentale del soggetto esaminato.
Le attività che vengono proposte sono tutte studiate per spingere il soggetto a mettere in atto comportamenti di tipo comunicativo, sociale, e che riflettano la sua competenza simbolica: tali attività, che vanno dal giocare con le bolle di sapone nel modulo 1 alla conversazione sulla propria vita sociale nel modulo 4, non sono auto-finalizzate, ma hanno lo scopo di creare un’interazione, nel corso della quale emerga lo stile relazionale e comunicativo del soggetto. La somministrazione dell’ADOS dura in genere da 30 a 45 minuti.
Per molte ragioni, avere la possibilità di utilizzare l’ADOS costituisce un’opportunità molto preziosa. Come per l’ADI, la sua utilità va oltre l’inquadramento diagnostico: questo test ci permette di valutare nel singolo soggetto alcuni aspetti centrali dell’autismo, come la capacità di attenzione, la responsività sociale e la capacità di avviare un’interazione, in modo molto più chiaro di quanto i tradizionali test strutturati facciano.
LE SCALE WECHSLER PER IL Q.I. WECHSLER INTELLIGENCE SCALEFOR CHILDREN - REVISED
DATA DI PUBBLICAZIONE : 1986
EDIZIONE ITALIANA: V. Rubini e F. Padovani
DESTINATARI: Dai 6 ai 16 anni
WECHSLER PRESCHOOL AND PRIMARY SCALE OF INTELLIGENCE
DATA DI PUBBLICAZIONE : 1973
EDIZIONE ITALIANA : G. Bogani e F. Corchia
DESTINATARI : Bambini dai 4 ai 6 anni
Ove possibile, nonostante le consegne non siano in molti compiti facilmente comprensibili per le persone con autismo, le scale WISC-III (Wechsler Intelligence Scale for Children-III), WPPSI (Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence) e la quarta edizione della Stanford-Binet dovrebbero essere utilizzate. La divisione delle batterie di Wechsler in scale verbali e scale di performance è utile per inquadrare i pattern di abilità e disabilità delle persone con autismo, che come abbiamo già visto presentano tipicamente Q.I. di performance più alti dei Q.I. verbali.
Data la grande eterogeneità della popolazione con autismo rispetto ai punteggi ottenuti in queste batterie, è importante sapere se il soggetto si situa nel range della normalità, del ritardo lieve, moderato o profondo, o se ha un Q.I. superiore alla norma. A questo va aggiunto che il punteggio finale del Q.I. nell’autismo deve essere considerato come una media tra punteggi spesso molto diversi nei diversi subtest, e che alla misura del Q.I. deve sempre aggiungersi una misura del comportamento adattivo, come quella ottenuta con la scala Vineland, per avere un quadro di quanto il soggetto sia in grado di usare effettivamente le sue competenze nell’affrontare i compiti della sua vita quotidiana.
PEP - RPSYCHO – EDUCATIONAL PROPHILE - REVISED
DATA DI PUBBLICAZIONE: 1990 (USA)
DESTINATARI: Bambini fino a 5 anni di età di sviluppo
Il PEP-R, (Schopler et al.1990 ), concepito e costruito appositamente per la somministrazione a persone con autismo, offre un approccio evolutivo della valutazione dei bambini con disturbi dello spettro autistico, che permette di individuare e descrivere i profili di sviluppo disarmonici caratteristici di questa popolazione. Il test è particolarmente adatto per bambini in età prescolare e fino ai sei-sette anni, può fornire informazioni utili in età compresa tra i sette e i dodici anni, mentre risulta inadatto per i bambini sopra i dodici anni.
Oggetto di indagine del PEP-R è il livello di sviluppo conseguito dai bambini nelle seguenti aree: Imitazione, Percezione, Motricità fine, Motricità globale, Coordinazione oculo - manuale, Abilità Cognitive, Abilità verbali. Tali funzioni sono coperte da una prima scala, chiamata “scala di sviluppo”; una seconda scala, la “scala di comportamento” copre le seguenti aree: Relazioni e Affetti, Gioco e interesse per il materiale, Risposte sensoriali e Linguaggio.
Nella scala di sviluppo la prestazione dei soggetti nei diversi ambiti di indagine viene confrontata con quella attesa da un soggetto con sviluppo tipico: il profilo che emerge mostra i punti deboli e i punti di forza del bambino nei diversi ambiti dello sviluppo e del comportamento. Una media tra i diversi punteggi ottenuti nelle varie scale (tipicamente poco correlati tra loro nell’autismo) può fornire un’approssimativa indicazione del livello di sviluppo mentale, ma l’utilità del test è più che altro legata alla documentazione delle disarmonie nelle diverse aree e alla conseguente definizione di quella che abbiamo chiamato “matrice di abilità e disabilità” del bambino.
Il PEP-R differisce dalla maggior parte dei test psicologici perché le procedure di somministrazione e la scelta dei materiali sono stati basati sulle caratteristiche dell’autismo, e perché è stato concepito come strumento preparatorio alla pianificazione di programmi di intervento individualizzati.
LEITER-RLEITER INTERNATIONAL PERFORMANCE SCALE-REVISED
DATA DI PUBBLICAZIONE: 1997 (USA) 2002 (traduzione italiana)
DESTINATARI: Bambini ed adolescenti
La Leiter International Performance Scale-Revised (Roid , Miller , 1997 ) è una scala completamente non verbale, che si compone di due batterie standardizzate: Visualizzazione e Ragionamento (VR), costituita di dieci subtest per la misura di capacità cognitive non verbali legate alla visualizzazione, alle abilità spaziali e al ragionamento, e Attenzione e Memoria (AM), costituita anch’essa da dieci subtest.
Concepita per misurare l’intelligenza fluida di bambini e adolescenti dai 2 ai 18 anni con disturbi verbali o cognitivi, presenta indubbi vantaggi per la valutazione dei soggetti con autismo, e il suo utilizzo è consigliato soprattutto per i soggetti a basso funzionamento. Oltre a prevedere un punteggio finale indicativo dell’età mentale, la Leiter offre un profilo di punti di forza e punti deboli del soggetto che diventa molto utile in fase di programmazione dell’intervento.
La scala non richiede comunicazione verbale tra esaminatore e soggetto, né che quest’ultimo legga o scriva qualcosa: le attività presentate al soggetto sono delle attività self-explaining, generalmente comprensibili per i soggetti con autismo e le norme di somministrazione consentono all’esaminatore di dimostrare più volte al soggetto ciò che deve fare.
Nonostante i vantaggi offerti dalle procedure di somministrazione, Klin e colleghi (1997) denunciano alcune limitazioni nell’utilizzare la scala come misurazione dell’intelligenza fluida dei soggetti con autismo: il livello di difficoltà degli item è molto variabile, e lo scarso numero di items per ogni livello di età può portare a una stima dell’età mentale globale inaccurata.
Al di là di questi limiti, l’utilizzo della scala è in alcuni casi l’unica strada percorribile per valutare lo sviluppo intellettivo dei soggetti. Uno studio di Tsatsanis e colleghi (in corso di stampa) dimostra una maggiore utilità dell’originale scala Leiter (Leiter, 1979) per i soggetti low functioning rispetto alla versione revisionata del ’97. La scala Leiter-R è stata tradotta in italiano nel 2002, ma trattandosi di una semplice traduzione, le norme di riferimento sono quelle USA.
STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELLA COMUNICAZIONE
CSBS-DP COMMUNICATION AND SYMBOLIC BEHAVIOR SCALES - DEVELOPMENTAL PROFILE
DATA DI PUBBLICAZIONE: 2001 (USA)
DESTINATARI: Bambini da 6 mesi a 2 anni
La Communication and Symbolic Behavior Scales - Developmental Profile ( Wetherby , Prizant , 2001 ), non ancora pubblicata in versione italiana, si propone un doppio obiettivo: l’identificazione di bambini a rischio di problemi nello sviluppo della comunicazione e delle abilità simboliche in età precoce e il monitoraggio dei cambiamenti nelle abilità comunicative e simboliche nel corso dello sviluppo. La scala, destinata a bambini tra i 6 e i 24 mesi si compone di una checklist completata da un genitore, un questionario di quattro pagine destinato al caregiver e una scala di osservazione diretta.
Può essere inserita utilmente nella strumentazione predisposta per la valutazione psicologica dei bambini con autismo perché utilizza una serie di indicatori, come l’utilizzo dello sguardo, l’uso della comunicazione verbale e gestuale e il gioco simbolico che sono temi di indagine cruciali nell’autismo.
PCR PROVA DI COMUNICAZIONE REFERENZIALE
DATA DI PUBBLICAZIONE: 1995
DESTINATARI: Bambini in età scolare (dalla 1° alla 5° elementare)
Il PCR, ( L. Camaioni, A.P. Ercolani e P. Lloyd ), destinato a soggetti in età evolutiva, misura, in una medesima prova, la capacità del bambino di produrre messaggi completamente informativi quando parla e la sua capacità di comprendere i messaggi che ascolta, siano essi adeguati o inadeguati. L’originalità di questo strumento, rispetto ad altri già esistenti, consiste nel consentire la valutazione dell’abilità del bambino a mettere in relazione messaggio, significato e referente.
La prova si compone di 30 item corrispondenti ad altrettante tavole raccolte in un quaderno, in ciascuna delle quali sono rappresentate figure con lo stesso soggetto ma diversi dettagli a colori: 13 item valutano la capacità del soggetto, in quanto “parlante”, di produrre messaggi informativi; altri 13 valutano la sua capacità, in quanto “ascoltatore”, di rispondere a messaggi inadeguati risolvendone l’ambiguità; 3 item, infine, valutano la sua capacità come ascoltatore di rispondere a messaggi adeguati, ovvero completamente informativi.
STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO ADATTIVO
LE SCALE VINELAND
SCALE VINELAND PER IL COMPORTAMENTO ADATTIVO - INTERVISTA-FORMA COMPLETA
DATA DI PUBBLICAZIONE : 2003
EDIZIONE ITALIANA : G. Balboni e L. Pedrabissi
DESTINATARI : Pazienti affetti da disabilità cognitiva dai 6 ai 60 anni
Le Vineland Adaptive Behaviour Scales (Sparrow , Balla , Cicchetti , 1984a ) sono il più noto e utilizzato strumento per la valutazione del comportamento adattivo. Esse permettono di valutare le capacità di autosufficienza personale e sociale nelle situazioni della vita reale, e di osservare come in pratica le abilità cognitive si traducano nella gestione della propria autonomia nella quotidianità. Attraverso un’intervista semi-strutturata che viene somministrata a un genitore, il comportamento adattivo viene valutato in diversi ambiti di funzionamento: comunicazione funzionale (ricettiva, espressiva e mediante la scrittura), “daily living skills” (autonomia nell’affrontare i compiti della vita quotidiana in ambito domestico e di comunità), socializzazione (abilità nella gestione delle relazioni interpersonali, del gioco e del tempo libero) e abilità motorie (motricità fine e globale); un’ulteriore scala, opzionale, indaga la presenza di comportamenti problematici (disturbi del sonno, dell’alimentazione, dell’attenzione, dell’umore e così via).
La scala Vineland, le cui proprietà psicometriche sono eccellenti, è uno strumento indispensabile nella pratica clinica, e nel 2003 ne è stata pubblicata la versione italiana. I soggetto con autismo presentano spesso uno scarto tra i punteggi ottenuti nei test cognitivi e quelli ottenuti alla scala Vineland, e ridurre o annullare questa differenza è un primo obiettivo perseguibile nel nostro piano di intervento: a partire dal dato delle effettive potenzialità intellettive del soggetto dobbiamo lavorare affinché esse si esprimano in modo più funzionale possibile nella gestione della propria autonomia (Sparrow e coll., 1997). E’ stato osservato inoltre che i punteggi ottenuti in questa scala dai soggetti con autismo sono più predittivi dell’esito evolutivo rispetto alle misure ottenute tramite i test cognitivi (National Research Council, 2001).
NOTA: Questo articolo e' disponibile anche in formato PDF

© Autismo Italia onlus