
INFORMAUTISMO N° 7 - ANNO 2004, gennaio-aprile
NewsAPPROVATA DEFINITIVAMENTE LA LEGGE SULL’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO Legge n. 6 gennaio 2004, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 14, 19/01/2004 di Salvatore Nocera (da www.aipd.it)
Le premesse storiche e il contesto.
Anche il Senato, rispettando gli impegni assunti col mondo della disabilità, come già aveva fatto la Camera, ha definitivamente approvato la legge sull’amministratore di sostegno, offrendo così un segno tangibile di attenzione in conclusione dell’Anno europeo delle persone con disabilità.
Il testo si trascina in Parlamento da diverse legislature ed era stato modificato precedentemente dalla Camera dopo una prima approvazione al Senato. Anche stavolta la Camera ha introdotto ulteriori modifiche restrittive; ma il Senato, pur di approvare il testo entro l’anno, nella seduta notturna del 22 Dicembre 2003, ha approvato all’unanimità il testo trasmesso dalla Camera.
Le norme diverranno efficaci dopo sessanta giorni dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.
La legge molto attesa dai genitori di persone con disabilità intellettiva, introduce delle aperture anche nei confronti dell’interdizione e dell’inabilitazione, che sono sempre pronunciabili, qualora non si ritenga opportuno procedere con l’amministrazione di sostegno o revocarla, a causa di un suo esito negativo.
Per converso la Camera ha eliminato dal testo una norma, che era stata introdotta dal Senato, circa l’estensione dell’amministrazione di sostegno anche alle persone anziane, perché queste non sono assimilabili alle persone con disabilità.
Ma vediamo in dettaglio i contenuti della nuova normativa, che ha modificato alcuni articoli del Codice civile ed alcune disposizioni attuative dello stesso ed altre norme collegate.
Intanto è significativo il cambiamento della rubrica del Titolo XII del Cod. Civ, che prima recitava “Dell’infermità di mente dell’interdizione e dell’inabilitazione”.
Adesso la nuova rubrica è “Delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia”. Ciò dà il segno di quanto sia cambiata l’immagine sociale e quindi giuridica delle persone con disabilità, a seguito degli ultimi trent’anni di integrazione scolastica e sociale, che in Italia ha raggiunto aspetti del tutto generalizzati e significativi, malgrado permangano ancora pressanti esigenze di notevoli miglioramenti ed il bisogno di resistere a tendenze involutive manifestatesi (ironia della sorte!), in Italia proprio durante quest’anno che è l’Anno europeo delle persone con disabilità. E di questi cambiamenti dà testualmente atto la finalità della legge che è quella espressa di ridurre al minimo i casi di ricorso all’interdizione ed all’inabilitazione, che curano solo gli interessi astratti di conservazione dei patrimoni.
Può giovarsi dell’amministrazione di sostegno qualunque persona che, a causa di una infermità o di una menomazione fisica o psichica si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere alla cura dei propri interessi.
È questa una formulazione, contenuta nel nuovo art. 404 del Cod. Civ., la quale, pur essendo molto ampia (contemplando anche l’impossibilità temporanea o parziale), che però ha un ambito di applicazione ben preciso, richiedendosi l’accertamento sanitario di una infermità o di una menomazione fisica (quindi anche sensoriale) o psichica in senso ampio, comprendente quindi non solo le malattie mentali ma anche le diversissime forme di disabilità intellettiva, come insufficienza mentale, cerebrolesione, autismo, sindrome di Down etc. In questa logica anche una persona anziana, come avrebbe voluto il Senato, può giovarsi dell’amministrazione di sostegno, purché versi in una situazione di infermità grave, come i casi, clinicamente accertati, di demensa senile.
L’amministratore di sostegno è nominato con decreto dal giudice tutelare (art. 405 C.C.). E qui si nota già una novità, rispetto ai procedimenti di interdizione ed inabilitazione, che sono invece di competenza del Tribunale, mentre i giudici tutelari sono maggiormente distribuiti sul territorio e quindi più vicini agli interessati. Nel decreto di nomina il giudice tutelare indica, tra l’altro, i limiti, anche periodici, di spesa sostenibile dall’amministratore nell’interesse del beneficiario.
Si evita così un assurdo che un’interpretazione burocratica dei poteri dell’amministrazione sta determinando e cioè che i tutori non possono spendere attualmente ad esempio l’ammontare delle pensioni di invalidità o delle indennità di accompagnamento, quando queste siano, come spesso accade, versate all’interessato in unica soluzione per più mensilità arretrate.
Gli uffici amministrativi e giudiziari di controllo vietano al genitore ed al tutore di prelevare quelle somme (necessarie come unico mezzo di mantenimento dell’interessato), senza autorizzazione del Tribunale con obbligo di reimpiego, perchè esse sono ormai considerate patrimonio. Lo stesso articolo ora invece impone all’amministratore di sostegno di riferire periodicamente al giudice tutelare anche “delle condizioni di vita personale e sociale” dell’assistito.
Il successivo art. 406 C.C. evidenzia ulteriormente il rispetto per la persona dell’interessato, che può indicare il possibile amministratore di sostegno, anche se sia già interdetto o inabilitato.Ed, allo scopo di ridurre il ricorso all’interdizione, gli operatori dei servizi che si prendono cura di una persona, impossibilitata a curare i propri interessi, debbono promuovere il ricorso al giudice tutelare, o segnalare il caso al Pubblico Ministero, per l’avvio della procedura dell’istituzione dell’amministrazione di sostegno.
Nel procedimento, il giudice deve tener conto anche delle indicazioni dell’interessato (art. 407 C.C.).
L’art. 408 C.C. è importante perché indica i soggetti che possono ricoprire l’ufficio di amministratore di sostegno.
Viene vietato di ricoprire tale ufficio agli operatori dei servizi pubblici e privati che si prendono cura dell’interessato. Ciò al fine di evitare conflitto di interessi fra chi si prende cura e chi su di esso deve vigilare.
Possono essere amministratori di sostegno i parenti, il coniuge non legalmente separato e (novità assoluta) la persona stabilmente convivente con l’interessato, nonché altre persone ritenute idonee dal giudice tutelare.
Viene inoltre previsto che possano essere amministratori anche i legali rappresentanti dei soggetti di cui al Titolo secondo del Libro primo del Cod.civ. e cioè non solo le fondazioni e le associazioni dotate di personalità giuridica, ma anche quelle prive di tale personalità, come sono molte associazioni di volontariato. Questa era stata una costante richiesta, fondata sulla prassi assai diffusa, che ha visto promuovere pure dei corsi di formazione per aspiranti al compito volontario e gratuito di amministratore di sostegno.
L’art. 409 C.C. è la chiave di volta della nuova legge. Stabilisce che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, mantiene la capacità di agire per tutti gli atti non riservati dal giudice all’amministratore questi per quelli più pericolosi per il patrimonio, ad es. l’assunzione di un’ipoteca, l’alienazione di un bene o l’acquisto di un bene immobile, promuovere un procedimento giudiziario, interviene nell’atto quale suo rappresentante (come fa il tutore) e per quelli meno pericolosi, cosiddetti di ordinaria amministrazione, ad es. acquisto di beni mobili, stipula di locazioni inferiori a nove anni, interviene nell’atto insieme al beneficiario, come fa il curatore.
Comunque è stabilito che il beneficiario può compiere da solo tutti gli atti “necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana”. Ritengo che fra tali atti, ad es. acquisti di beni mobili di uso personale come abiti, cibo, incassare un affitto, riscuotere il rateo mensile della pensione di invalidità o l’indennità di accompagnamento sia divenuto giuridicamente capace di agire. Per la riscossione degli arretrati, se si dovesse continuare a considerarli divenuti capitali, malgrado la loro natura alimentare, interverrà ormai l’amministratore di sostegno che otterrà dal giudice tutelare l’autorizzazione a spenderli secondo le effettive esigenze del beneficiario.
E questa logica di maggiore libertà del beneficiario si rinviene anche nell’art 410 C.C., secondo il quale l’amministratore di sostegno, nello svolgimento del proprio ufficio, deve tener conto “dei bisogni o delle aspirazioni del beneficiario”. In caso di contrasto, l’amministratore deve informare il giudice tutelare che decide.
In caso di dissenso, anche il Pubblico Ministero, i parenti entro il secondo grado, il coniuge o la persona stabilmente convivente, possono rivolgersi al giudice tutelare che decide.
Data la sua delicatezza l’ufficio di amministratore di sostegno dura dieci anni, ma può essere rinnovato, a meno che trattasi di un parente o del coniuge o della persona stabilmente convivente, nel qual caso dura per sempre, salvo rinuncia o richiesta di revoca dello stesso interessato.
L’art. 411 C.C., nello stabilire che si applicano all’amministrazione di sostegno le norme previste per l’interdizione e l’inabilitazione in materia di incapacità dell’amministratore a ricevere per testamento o donazioni beni del beneficiario, finché dura l’ufficio, estende all’amministrazione di sostegno anche gli effetti di altre norme dettate per gli altri due istituti, purché se ne faccia richiesta al giudice tutelare e questi lo ritenga opportuno, “tenuto conto dell’interesse del beneficiario e di quello tutelato dalle predette disposizioni”.
È da ritenere che con tale formulazione, la discrezionalità del giudice tutelare non possa impedire l’applicazione al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, del testamento “f edecommissorio ”, previsto dagli artt. 692 e sgg. C.C., secondo il quale ciascuno dei genitori di un “ interdetto ” o gli scendenti o il coniuge possono istituire erede l’interdetto con l’obbligo di conservare e restituire alla sua morte i beni, anche comprendenti la legittima, a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza del tutore si sono presi cura dell’interdetto medesimo.
L’art. 692 C.C. ha un interesse chiarissimo a garantire un’assistenza non solo economica ma anche esistenziale all’interessato. Sembra di rientrare in un’interpretazione logica l’applicazione di tale norme anche al caso dell’ beneficiario di amministrazione di sostegno, che potrà essere istituito erede, quindi, anche dalla persona stabilmente convivente con lui. In tal senso induce anche a ritenere lo stesso art.1 della legge che “ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana”.
Il decreto recante i dati personali relativi all’amministratore ed al beneficiario, nonché il progetto personalizzato di atti che il beneficiario può compiere da solo, o con l’assistenza dell’amministratore e quelli che può compiere solo l’amministratore in rappresentanza dell’amministrato, deve essere immediatamente registrato su un apposito registro, di nuova istituzione, tenuto dal cancelliere e deve essere annotato, entro dieci giorni presso i registri di stato civile.
Ciò per consentire a chiunque voglia contrattare con il beneficiario di conoscere quale sia la sua effettiva capacità di compiere atti giuridici sua e dell’amministratore. Ciò garantisce l’interesse dei terzi alla sicurezza ed alla validità delle negoziazioni giuridiche.
A tutela degli interessi del beneficiario, l’art. 412 C.C. stabilisce che gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno o dal beneficiario in violazione delle leggi o delle disposizioni contenute nel decreto di nomina, possono essere annullati, entro cinque anni dal loro compimento, anche ad istanza degli stessi.
Gli artt. 413 e 418 C.C. evidenziano le flessibilità del nuovo sistema, secondo cui il giudice può passare, se lo ritiene opportuno, alla revoca dell’amministrazione di sostegno e procedere all’interdizione o all’inabilitazione o viceversa.
Queste nuove norme sull’amministratore di sostegno hanno prodotto delle aperture anche nei rigidi istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione. Così l’art. 427 C.C. prevede che l’interdetto possa compiere alcuni atti da solo o con l’assistenza del tutore e l’inabilitato possa compiere alcuni atti di straordinaria amministrazione anche senza l’assistenza del curatore.
Infine la legge prevede che non solo la procedura per l’amministrazione di sostegno, ma anche quella per l’interdizione e l’inabilitazione, si svolgano senza tasse di registro e senza spese di giustizia.
CONGEDI BIENNALI RETRIBUITI (da Anffas BS
Abolito il vincolo del possesso da almeno cinque anni del certificato della condizione di gravità.
Come noto, la legge 53/2000 ha introdotto l’opportunità, per i genitori di persone con handicap grave (ai sensi dell‚art. 3 co. 3 legge 104/92), di ottenere un congedo retribuito, anche frazionabile, di due anni.
Analoga agevolazione spetta ai fratelli della persona disabile dopo la scomparsa dei genitori.
Tuttavia, precondizione necessaria per la fruizione del congedo era che la certificazione di gravità ex lege 104/92 (da non confondere assolutamente con il verbale di invalidità civile) fosse stata rilasciata da almeno cinque anni; questo limite dei cinque anni è stato finalmente abrogato dalla Legge Finanziaria per il 2004, e pertanto è ora sufficiente che la persona disabile abbia ottenuto il certificato di handicap grave ai sensi della legge 104/92.
IL CONSIGLIO DI STATO CONDANNA LA ASL 5 DI JESI AL PAGAMENTO DELLA RETTA DI DEGENZA PER DISABILE
MENTALE AFFETTO DA AUTISMO (da Redattore Sociale 08/03/2004)
JESI - L’Asl 5 di Jesi è stata condannata dal Consiglio di Stato al pagamento della retta di degenza per un malato con grave insufficienza mentale e autismo. Lo rende noto il Gruppo Solidarietà, associazione da tempo impegnata al fianco di coloro che "non contano", secondo cui la sentenza è importante perché “conferma la tesi, in rispetto della normativa vigente, che alla sanità e non all’assistenza competono gli interventi di cura quand’anche non portino alla guarigione”.
La Asl riteneva di non essere tenuta al pagamento della retta in questione in quanto l’intervento non rientrava tra le prestazioni sanitarie ma tra le assistenziali, di competenza quindi del Comune. La sentenza del Consiglio di Stato ha invece ribadito la competenza sanitaria della Asl per gli interventi con carattere di “cura” delle patologie in atto.
“Per migliaia di cittadini affetti da gravi malattie che sono inguaribili (ma non per questo incurabili), che hanno necessità di servizi diurni o residenziali (anche a causa della scarsità di quelli domiciliari), il settore sanitario si dice non più competente ad intervenire scaricando così sul settore sociale (che poi significa quasi sempre famiglia) le proprie competenze con rette di degenza anche di 1000-2000 euro al mese. - sottolinea l'organizzazione -.
Per quanto riguarda ad esempio gli anziani malati cronici non autosufficienti ciò significa il perpetuare il ricovero presso strutture assistenziali come le case di Riposo, con rette a completo carico dei malati ricoverati. Chi paga il ricovero, solo per fare alcuni esempi, di gravi anziani non autosufficienti non curabili a domicilio, chi paga il ricovero di gravi malati di Alzheimer, chi paga il ricovero di molti soggetti con malattia mentale?”
La Sentenza del Consiglio di Stato ribadisce, secondo l'associazione, che la competenza del settore sanitario (e dunque anche i conseguenti oneri finanziari) non si arresta alla fine di un processo che può portare alla guarigione o alla riabilitazione, ma rimane anche quando gli interventi sono “volti al contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite”.
Insomma la cura non termina, “come in troppi vogliono far credere al solo fine di ridurre le spese sanitarie” spiega l’associazione, nelle fasi acute e post acute della malattia. “Chissà - conclude - che finalmente Regione, ASL, Comuni, non capiscano anche a seguito di queste sentenze, che nella nostra regione, come inascoltati denunciamo da anni, si continuano a violare le leggi vigenti in materia sanitaria”
© Autismo Italia onlus