
INFORMAUTISMO N° 8 - ANNO 2004, maggio-agosto
Quando il mobbing inizia dai banchi di scuola…(di Donata Vivanti)
Il mobbing, un termine alla moda che indica quel fenomeno di condizionamento che mira a costringere un lavoratore indesiderato a lasciare il proprio posto di lavoro, per le persone con autismo inizia dai banchi di scuola.
Notoriamente l’Italia si vanta di godere di una legislazione che garantisce l’inclusione nella scuola di tutte le persone con handicap, ed in effetti, da questo punto di vista, possiamo ritenerci fortunati: la legge quadro 104/92 e il DPR applicativo per l’inserimento scolastico del ’94 assicurano l’ educazione inclusiva per tutti.
Almeno sulla carta.
Tuttavia, come si evince dalla decisione del Comitato dei Diritti sociali del Consiglio d’Europa relativa al reclamo collettivo presentato da Autisme Europe (vedi Informautismo n° 7), le leggi non bastano a garantire l’educazione e l’ inclusione. Sono necessarie anche misure e finanziamenti adeguati.
E in questo campo, se la Francia piange per l’abisso fra le necessità educative delle persone con autismo e i mezzi a disposizione, un abisso che ora il Comitato dei Ministri Europei le impone di colmare, nemmeno l’ Italia ha da ridere. I recenti tagli al sostegno hanno gravemente penalizzato, in quest’ultimo anno scolastico, molti alunni con autismo.
Risparmio è stato fatto, a spese dei più vulnerabili, che non hanno voce.
Leggi inequivocabili e lungimiranti come la legge quadro italiana 104/92 sull’integrazione dei cittadini disabili farebbero pensare che sia facile per le famiglie italiane far valere il diritto all’educazione dei loro figli, ancorchè affetti da una disabilità grave come l’ autismo.
Niente di più sbagliato.
Innanzi tutto, per ottenere il sostegno adeguato alle necessità del bambino, la famiglia deve farsi carico dell’ “onere della prova ”, ovvero certificazioni adeguate. Tocca poi alla scuola presentare per tempo alle autorità scolastiche regionali un PEI che giustifichi la spesa del sostegno 1:1.
E se la scuola non lo fa? Logica vorrebbe che fosse suo dovere, in presenza di una propria mancanza, risolvere con i propri mezzi la situazione. Invece le scuole possono lavarsene le mani. E se la famiglia insiste, se fa giustamente presente che tocca alla scuola garantire, comunque, il diritto fondamentale all’educazione, lo scolaro con autismo rischia di venire parcheggiato a scuola ma, di fatto, abbandonato a se stesso. L’ integrazione si sbandiera, ma si realizza solo a patto che il bambino possieda gli strumenti per adeguarsi.
E se, nel caso dell’autismo, i deficit delle capacità sociali e comunicative glielo impediscono, se l’alunno manifesta il proprio disagio con comportamenti problematici, la colpa è sua, è violento, “ineducabile ”, quindi a scuola non ci può stare. Così, oltre alla beffa di un’educazione insufficiente e inefficace, il bambino con autismo riceve anche il danno di una vera e propria diffamazione, che compromette gravemente il suo percorso di integrazione all’interno e all’esterno della scuola.
Le testimonianze delle famiglie sulle strategie inventate dalle scuole per “alleggerirsi ” del problema di un bambino con autismo in mancanza di un sostegno 1:1 sono innumerevoli. Si va dalle pressioni sui genitori perché non mandino il figlio a scuola che per qualche ora,( con buona pace di concetti di efficacia dell’educazione e di uguaglianza dei cittadini), al rifiuto a provvedere al cambio del pannolino o di accompagnare il preadolescente in bagno ( è lui che non ci vuole andare…), all’ imposizione alla famiglia da parte della scuola di pagare ore supplementari di assistenza per garantire il rapporto 1:1, alle pressanti richieste di prescrizioni farmacologiche per sedare i problemi di comportamento.
E se di fronte a questo disastro le associazioni osano protestare e chiedere per l’autismo più attenzione e più competenze specifiche, si risponde strillando alla discriminazione, spesso con l’ appoggio nelle organizzazioni che rappresentano le altre disabilità, e additando chi chiede rispetto per la diversità, misure positive, formazione specifica e rigore metodologico, come l’untore che vuole diffondere il morbo dell’ esclusione.
Forse qualcosa potrà cambiare solo quando, con la dovuta umiltà, anche i nostri decisori politici e i nostri amministratori capiranno, con Kari Steindal, presidente del Comitato di Esperti per l’educazione delle persone con autismo presso il Consiglio d’Europa, che “… l' autismo è l' artefice principale di tutte le difficoltà … Se l' Europa … contribuisce a rispondere alle esigenze immense di questo handicap, sarà meglio equipaggiata per sostenere ogni forma di handicap ”.
© Autismo Italia onlus