
INFORMAUTISMO N° 4 - ANNO 2003, gennaio - aprile
Chiamiamolo "Autismo"(di Donata Vivanti)
L'autismo fa paura, e non è facile per le famiglie affrontarne serenamente la diagnosi. Per questo molti professionisti, per lo più in buona fede, la travestono con definizioni fantasiose o eufemistiche che non trovano alcun riscontro nelle classificazioni internazionali.
Pensano così di addolcire l’amaro calice, nell’attesa che, goccia dopo goccia, sia la vita stessa con il piccolo a creare nei genitori una graduale consapevolezza della gravità della situazione. Anche se, come tutti sanno, le medicine amare è meglio ingoiarle tutte d’un fiato.
Alcuni si preoccupano di non togliere ai genitori la speranza. Ma i genitori degli adolescenti e degli adulti, che ormai la diagnosi di autismo l’hanno scolpita sul viso e nel cuore, e che si impegnano con tutte le loro forze per il loro futuro, sanno bene che la speranza di una vita dignitosa, di un posto per i propri figli in un mondo che è anche il loro, può essere altrettanto e anche più appagante di una illusione di normalità.
Altri professionisti, consapevoli di non avere nulla da offrire, si mettono la coscienza a posto offrendo, invece di programmi e giusti consigli che possano aiutare la famiglia a crescere il proprio bambino, un supporto psicologico che comunque non sarà mai in grado di aiutare efficacemente la famiglia, dal momento che nessuno che non l’abbia vissuto sulla propria pelle può lontanamente capire che significhi vivere con l’autismo.
Effettivamente un realistico motivo di disperazione, per le famiglie, c’è, ma non riguarda la diagnosi in sé, quanto la mancanza di risposte alle necessità dei malcapitati che ne sono affetti, e la scarsa disponibilità di proposte che il bambino troverà per la sua crescita. Il modo migliore per rasserenare una famiglia non è di nascondere ciò che in fondo al cuore già sente, ma di proporre programmi concreti di presa in carico.
Purtroppo, malgrado esistano numerosi buoni modelli di organizzazione di servizi, molte persone con autismo (la maggioranza in Italia), non ha la possibilità di accedere ai progressi delle conoscenze in campo medico, educativo e sociale relativi alla condizione autistica. Questa lacuna genera ulteriori sofferenze, aggrava la condizione di disabilità, e costituisce una forma di discriminazione.
Sebbene non esista attualmente una cura risolutiva per l'autismo, è stato dimostrato che le persone con autismo possono andare incontro a miglioramenti sostanziali purché usufruiscano di una presa in carico precoce, multi - disciplinare e continuativa, compren-dente una diagnosi precoce ed una valutazione funzionale seguita da un trattamento individualizzato e specifico.
Non esistono né scorciatoie né ricette che possano sostituire questo processo e garantire un miglioramento reale delle condizioni del bambino.
Non esistono farmaci che possano curare l'autismo in quanto tale, anche se la prescrizione di un farmaco appropriato può migliorare l'attenzione e ridurre sintomi disturbanti, facilitando così l’accesso ad altre forme di intervento. Di conseguenza, i farmaci non dovrebbero mai essere prescritti in alternativa ad un programma educativo, ma solo nel miglior interesse della persona con autismo, nell’ambito di un programma globale di intervento, e, se possibile, per periodi limitati di tempo.
In questo numero troverete la posizione ufficiale di Autismo Italia sull’etica della terapia farmacologica nell’autismo, ed un articolo di Joaquin Fuentes che ne spiega i limiti.
Viceversa, un programma educativo individualizzato (PEI), basato su una valutazione funzionale individuale, può migliorare in modo significativo la capacità di apprendimento, di comunicazione e di interazione con gli altri, e attualmente costituisce il solo strumento riabilitativo a disposizione per le persone con autismo sostenuto dalla comunità scientifica internazionale.
La mancanza di una presa in carico precoce, specifica, individualizzata e continuativa o interventi inadeguati, basati su preconcetti sull'autismo ( ad esempio, i trattamenti finalizzati a migliorare la relazione parentale o a "rompere il guscio autistico", come la psicoterapia psicanalitica) o su teorie senza fondamento o di non provata efficacia (come la Comunicazione Facilitata o l' Auditory Integration Training , per citare due esempi) hanno conseguenze irreparabili sullo sviluppo della persona e sulla sua capacità di raggiungere l'indipendenza, l'inclusione sociale e una vita dignitosa in età adulta.
Un radicale cambiamento della situazione delle persone con Autismo in Italia si può quindi ottenere solo unendo le forze di tutti per sensibilizzare i decisori politici. Sarà questo lo scopo del seminario di chiusura del progetto di Autisme Europe per l’anno Europeo 2003, che si terrà a Roma il 5 dicembre prossimo, in concomitanza con la fine della presidenza italiana dell’Unione Europea.
E’ di vitale importanza che tutti coloro che hanno a cuore il destino delle persone con autismo partecipino al seminario, e facciano udire la propria voce.
NOTA: Questo articolo e' disponibile anche in formato PDF

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