
INFORMAUTISMO N° 12 - ANNO 2005, settembre-dicembre
Editoriale(di Donata Vivanti)
PRIGIONIERI DEL (NOSTRO) SILENZIO
No, non stiamo parlando della fortezze vuote, e neppure della metaforica prigionia
di una mente incapace di esprimersi. Stiamo proprio parlando di
una prigionia concreta, reale e minacciosa: la segregazione in istituti residenziali
alla quale sono fatalmente destinati gli adulti con autismo, una volta venuto
meno l’aiuto familiare. Un evento che rappresenta, per gli altri disabili,
una triste eccezione, e che per gli adulti con autismo è ancora, salvo
fortunate eccezioni, la regola. Almeno nel nostro paese, dove la mancanza di
programmi politici e di servizi adeguati condanna le persone con autismo ad una
inutile dipendenza, mentre i progressi nel campo della neuropsichiatria infantile,
della psicologia e della pedagogia speciale, e la volontà politica dei
paesi più civili e illuminati di garantire dignità e diritti ai
cittadini più vulnerabili attraverso misure di discriminazione positiva,
consentono ad una percentuale significativa di persone con autismo (il 30%) di
raggiungere l’indipendenza nella vita adulta.
La deistituzionalizzazione dei disabili è un obiettivo prioritario dell’Unione Europea, e a questo problema è stata dedicata la Giornata Europea della Disabilità, tenutasi a Bruxelles il 2 dicembre 2005. Il Commissario Spidla ha fatto appello alle autorità nazionali e locali, chiamandole a rispondere alle necessità di tutti i cittadini, ed in particolare delle persone con disabilità più grave, che vivono, o sono destinate a vivere in istituto, ed ha espresso il proprio impegno “a dare a tutti i cittadini opportunità reali, e a permettere a chiunque di vivere in una società rispettosa dei diritti umani”.
Ditelo ai nostri amministratori, e vi risponderanno che la soluzione l’hanno già in mente: eliminare tutti i servizi per disabili, residenziali o diurni che siano, per rifilare i disabili in famiglia senza altro supporto di qualche ora al giorno a domicilio, da parte di personale senza alcuna qualificazione e senza alcun progetto abilitativo. Ignorano, o fanno finta di ignorare, che delegare alle famiglie la cura dei disabili gravi non significa promuoverne l’inclusione, ma estendere l’esclusione a tutto il nucleo familiare. Ignorano, o fingono di ignorare, che deistituzionalizzare non significa chiudere gli istituti mettendo alla porta i disabili indipendentemente dal loro grado di autonomia, ma provvedere innanzi tutto soluzioni alternative. La Svezia ha proibito per legge i centri residenziali per disabili con oltre sei residenti.
I nostri amministratori e politici, che si gloriano di promuovere l’inclusione sociale, autorizzano senza problemi assembramenti di decine, o addirittura centinaia di disabili, per risparmiare sulle rette giornaliere, che in Italia ammontano a circa la metà di quelle pagate in Francia e a circa un quarto di quelle pagate nel Regno Unito.
E noi genitori, dopo tanti anni di battaglie e di cure, ci vediamo costretti ad accettare qualunque soluzione, anche l’istituto, per i nostri figli ormai adulti e senza altre prospettive. Forse per stanchezza, forse per esaurimento delle nostre risorse fisiche, emotive e finanziarie, forse per timore di subire un ultimo rifiuto da parte di servizi ormai indispensabili. Ma soprattutto per l’incapacità di difendere serenamente ma fermamente i diritti dei nostri figli nei confronti di centri residenziali, spesso obbiettivamente impegnati a fare il massimo con le poche risorse disponibili, spesso in buona fede, ma quasi mai consapevoli di quanto il servizio che offrono sia incompatibile con una vita libera e dignitosa. E quasi sempre offesi dalle rimostranze dei familiari, dai quali si aspettano gratitudine per il “sollievo” dal peso di un figlio sfortunato.
Cari genitori, non permettete a nessuno di dirvi che i vostri figli sono la vostra disgrazia: la vostra disgrazia sono l’indifferenza, l’ipocrisia e la malafede di chi, in nome della quadratura dei bilanci nega ai vostri figli opportunità, diritti, dignità e perfino la libertà.

Per la prima volta la Commissione Europea ha ufficialmente invitato alla Giornata dei disabili i più diretti interessati: le persone con disabilità grave. Così Giulio, 19 anni, affetto da autismo e ritardo mentale grave, ha potuto partecipare alla conferenza e accedere al palco degli oratori. Non parla, Giulio, né comprende il linguaggio. Probabilmente non ha imparato nulla, ma certamente ha insegnato molto: che anche i disabili più gravi sono cittadini degni di rispetto e di vivere una vita soddisfacente e serena come quella di chiunque altro.
© Autismo Italia onlus